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CRONACA

“Non mi toccate Sora!”: grande Anna su Fb. La “ciociara”, invece, torni a Casalvieri e… legga

Redazione Sora24
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“A casa teng gl Can e no la gallina… non sono nata a Sora”…E per fortuna …‪#‎nonmitoccatesora perché m’incazzo!!! Ricordiamoci che a Sora è nato il grande Vittorio De Sica e se c’è qualche contadino ancora.. ne sono fiera!”. Sul suo profilo Fb, Anna Tatangelo, che ringraziamo per la difesa ed invitiamo per il futuro a diffondere ancor più la vera storia della sua città, visto che ovunque non si perde l’occasione per sbeffeggiare anche lei per la sua provenienza, ha sintetizzato egregiamente la doppia figuraccia della signorina la cosiddetta “ciociara di Avanti un Altro”. La giovane casalvierana ha preso in giro non solo Sora ma anche i dignitosissimi “zappaterra”, senza i quali, tanto per dirne una, questo nostro Paese non avrebbe le sue campagne mozzafiato e non potrebbe vantare ancora oggi prodotti unici ed autoctoni.

Bisognerebbe sorvolare su tutta questa scempiaggine, perché oramai l’italiota metropolitano medio, quello sprofondato in poltrona con mezzo neurone acceso, è in grado di assimilare solamente luoghi comuni, della serie: ciociaro uguale cafone, contadino idem. Poi però va trovando a destra e a manca i cosiddetti prodotti a km 0, quelli genuini…

Di certo la cacofonia della parola “ciociaro” non aiuta, così come non aiutano le buffe calzature da cui il termine ha origine: ma da qui a ridicolizzare sistematicamente una zona d’Italia, ed in particolare Sora, con tale stereotipo, ne passa. Sarebbe opportuno, d’altra parte, sottolineare che la parola “ciociaro” non è autoctona bensì deriva dal dialetto romanesco, esattamente come “cassamortaro”, “grattacheccaro”, “tabaccaro”, “bibitaro”, e letteralmente sta ad indicare un lavoratore ossia “colui che costruisce ciocie”. Capite bene, quindi, due cose: primo, qualcuno di noi in passato ha “delegato” ai romani la scelta del nome con cui oggi veniamo chiamati; secondo, il termine “ciociaro” è sguaiato e buffo proprio perché deriva dal dialetto romanesco.

Ma come mai è accaduto tutto questo? È accaduto perché la storia viene scritta dai vincitori, che la interpretano sovente a modo loro. Succede così nel 2015 che l’immagine del campagnolo con le ciocie ai piedi faccia spesso scopa con il nome di Sora. Per carità, nessuno nega che nelle campagne intorno alla nostra cittadina un tempo si indossassero quelle buffe calzature: tuttavia, sarebbe cosa buona e giusta sottolineare che le stesse ciocie venivano indossate, tanto per fare un esempio, anche a Rivisondoli, cittadina situata in pieno Abruzzo, dove venivano chiamate “chiochiue”, a testimonianza di un fatto che deve essere chiaro a tutti una volta per tutte: i confini di un’eventuale terra di Ciociaria sarebbero da estendere fino ai mari Adriatico e Tirreno, ossia all’intero centro d’Italia. Circoscriverli alla sola provincia di Frosinone, invece, è palesemente errato.

Tale provincia, difatti, venne istituita soltanto nel 1926, dopo che Mussolini fu fischiato a Caserta ed il governo fascista, ufficialmente nell’ambito di una riorganizzazione delle geografia politica nazionale, ma in realtà per punire la città campana, soppresse la Provincia di Terra di Lavoro, suddivisa in cinque circondari con altrettanti capoluoghi, tra cui Sora che era capoluogo del Distretto settentrionale, alias l’Alta Terra di Lavoro, un territorio che equivaleva a metà dell’attuale provincia di Frosinone e comprendeva la Valle del Liri, la Valle di Comino, compresa Casalvieri (vedi foto di seguito) ed il cassinate (praticamente l’ex Ducato di Sora).

CASALVIERI

Quanto appena scritto, è facilmente riscontrabile osservando proprio lo stemma della provincia di Frosinone: le due cornucopie, simbolo di ricchezza e prosperità, sebbene disegnate un modo diverso rispetto a quelle originali, rappresentano l’ex Distretto di Sora in provincia di Terra di Lavoro.

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Detto questo, dovremmo andare avanti e parlare del Ducato di Sora, stato sovrano dell’Italia preunitaria dal 1443 al 1796 nel quale era compresa anche Casalvieri. Sì, ma parlarne a chi? Alla “ciociara di Avanti un Altro”? Tra l’altro, alla giovane Alessia, che probabilmente ha semplicemente interpretato il copione consegnatogli da un regista, che a sua volta, non per colpa sua, molto probabilmente non è al corrente della nostra storia, basterebbe tornare a Casalvieri, il suo paese, e leggere cosa è scritto su una lastra posta proprio di fronte ad un noto ristorante, per capire che l’unico modo per riparare alla figuraccia è documentarsi e propagare attraverso il mezzo televisivo o sui giornali anche e soprattutto qualche pillola di storia vera. Del resto i personaggi mediatici sono l’unica opportunità che abbiamo per restituire la giusta dignità storica ad un territorio sistematicamente mortificato dalla solita coglionella capitolina. Se ci tradiscono anche loro, è la fine…

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