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CRONACA

OSPEDALE DI SORA – La drammatica testimonianza di Lorenzo Pisani: «Abbandonati in reparto»

Redazione Sora24
Redazione

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Lorenzo Pisani, che ci fa riflettere sul fatto che – più che un nuovo Ospedale per Sora – servirebbe un Ospedale migliore.

«Reduci da una recente brutta esperienza presso l’Ospedale di Sora, culminata con la morte di nostro padre all’età di 82 anni.

Sembra impossibile che al giorno d’oggi si possa morire perché “parcheggiati” nel letto di un reparto dell’Ospedale, ore ed ore a soffrire senza che nessuno dia una risposta plausibile, affidati ad apprendisti infermieri volenterosi, ma di scarsissima esperienza: il medico di turno che appare raramente e sparisce in un batter d’occhio senza riferire nulla, senza approntare una cura né ipotizzare soluzioni sanitarie anche solo eventualmente percorribili; unica panacea, la flebo con soluzione fisiologica, iniettata in un reparto deserto, senza nessuno a cui poter chiedere ausilio o informazioni utili.

Arrivati in autoambulanza presso l’Ospedale di Sora nel primo pomeriggio di un maledetto giovedì di marzo, per un malore causato da una bevanda che nostro padre aveva ingerito a temperatura fredda, abbiamo trascorso ore al pronto soccorso per le prime analisi di rito: a detta del medico di turno, dalle analisi non sarebbe emerso nessun valore allarmante.

Nel frattempo, nostro padre lamentava dolori atroci all’addome, al petto, alle spalle ed alla schiena, contorcendosi sulla barella: ciò nonostante, nessun medico gli dava e ci dava ascolto, perché attribuivano i dolori ad una congestione o ad una leggera pleurite riscontrata con l’ecografia.

Dopo diverso tempo, nostro padre veniva trasferito in reparto “per ulteriori controlli”, in realtà mai eseguiti, fino a quando in serata – in seguito a ripetute sollecitazioni rivolte al personale presente – veniva finalmente visitato da alcuni medici, ai quali ribadivamo la persistenza di dolori insopportabili al petto ed alla schiena; non essendo stato riscontrato nulla di anomalo dalle analisi routinarie già eseguite, i medici decidevano di sottoporre nostro padre ad una Tac addominale, che tuttavia – essendo oramai sera – programmavano senza fretta per la mattina successiva; purtroppo, però, la sera stessa – alle ore 22.40 – nostro padre decedeva per un arresto cardiaco provocato non si sa da cosa, poiché non ci è stato riferito e né tantomeno riportato nella cartella clinica.

Non posso (per ora) e non voglio parlare di “malasanità”, ma quello che ho potuto constatare in prima persona mi ha lasciato e mi lascia sbigottito, soprattutto ripensando all’approccio riservato dal personale (medico e sanitario) presente in servizio: nessuno ha ricoperto con serietà e professionalità il proprio ruolo, trattando i pazienti (tutti) come fossero pezzi di ferro o meri numeri e non esseri umani. E’ inaccettabile che la sanità pubblica (non) funzioni in questo modo, che le gravi problematiche coinvolgenti l’ospedale di Sora passino nell’indifferenza generale: non è possibile che – con quello che costa – la sanità pubblica locale non fornisca un servizio all’altezza.

Non dipende ovviamente dalla estrazione sociale dei pazienti, non esiste né povero né ricco, tutti a soffrire abbandonati in reparto, ad attendere non si sa cosa e non si sa chi.

In questi giorni ho ricevuto molte testimonianze di amici e conoscenti che hanno avuto esperienze analoghe alla nostra, con i propri cari abbandonati in reparto senza risposte, senza cure, senza assistenza: insomma, una vera vergogna, una situazione da terzo mondo; eppure siamo nel 2017, in Italia, in Europa.

Al dolore devastante per la grave ed improvvisa perdita subìta, si unisce il rimorso per non aver portato altrove nostro padre, per non averlo fatto visitare da altri medici, da qualcuno che ascoltasse e/o desse la giusta interpretazione ai suoi dolori lancinanti, da qualcuno che non rispondesse sempre e solo “nulla di preoccupante”.

Conserverò il rimorso per non aver fatto di più, per non essere riuscito a salvare nostro padre, consapevole – purtroppo – che ai medici in sevizio quel giorno non importerà nulla, perché per loro siamo tutti solo dei numeri e non degli esseri umani».

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