CRONACA

Un progetto grandioso ci riporta nella gloriosa Sora di inizio ‘900, distrutta dal sisma del ’15

29 Luglio 2015

Più la guardiamo e più ci viene da piangere. Il 50% del suo patrimonio edilizio ed architettonico venne distrutto dalla scossa di terremoto delle 7:53 del giorno 13 Gennaio 1915. Dopo quella tragedia, che provocò circa 500 morti, Sora non è più tornata grande come lo era prima del sisma. Sì, certo, c’è stata la ricostruzione, soprattutto c’è stato il boom economico del dopoguerra. Ciononostante, dopo il sisma la nostra città perse progressivamente quel ruolo baricentrico che ebbe, a livello politico ed economico, sia durante i 4 secoli del Ducato che nei duecento anni in cui fu uno dei cinque capoluoghi della provincia di Terra di Lavoro.

Più la guardiamo e più ci viene da piangere. Il 50% del suo patrimonio edilizio ed architettonico venne distrutto dalla scossa di terremoto delle 7:53 del giorno 13 Gennaio 1915. Dopo quella tragedia, che provocò circa 500 morti, Sora non è più tornata grande come lo era prima del sisma. Sì, certo, c’è stata la ricostruzione, soprattutto c’è stato il boom economico del dopoguerra. Ciononostante, dopo il sisma la nostra città perse progressivamente quel ruolo baricentrico che ebbe, a livello politico ed economico, sia durante i 4 secoli del Ducato che nei duecento anni in cui fu uno dei cinque capoluoghi della provincia di Terra di Lavoro.

Riviviamo i fasti dell’epoca nel grandioso lavoro a cura di Paolo Emilio Bellisario, con Davide Proietto Russo, i cui dettagli con presentazione allegata sono menzionati di seguito.

M.I.A. – Mapping Identity through Architecture
Issue #00 | Sora M.I.A. – ante XIX secolo
Progetto a cura di: Paolo Emilio Bellisario, con Davide Proietto Russo
Si ringraziano per il materiale fornito: A. Mantova, G. Cautilli, B. La Pietra

Un terremoto non è unicamente un evento naturale che abbatte abitazioni o monumenti, ma anche un evento sociale che scombina profondamente il vivere collettivo. Allo stesso modo una ricostruzione incompiuta non solo lascia fisicamente mutili gli edifici, gli spazi e la struttura urbana, ma anche i contenuti e le relazioni che l’uomo porta dentro gli spazi vissuti, accentuando una suddivisione delle città in quartieri, o “poli”, progettati, realizzati ed esperiti come isole. Come osservato anche dallo psicanalista Massimo Recalcati, si creano recinti che isolano ulteriormente la città invece di favorire la comunicazione tra le sue diverse componenti. L’isolamento che, inevitabilmente, si crea si riflette anche sul corpo sociale facilitando una progressiva frammentazione e perdita di identità: la perdita dell’essere parte di una comunità.

Da tutto ciò scaturiscono quegli effetti meno noti, o forse semplicemente meno discussi pubblicamente, che una ricostruzione post sisma “incompiuta” di solito porta con sé: tessuti edilizi privi di uno sviluppo organico, caratterizzati da forti contrasti improvvisi, da fenomeni di abusivismo, vandalismo, degrado e un progressivo lento abbandono. La nostra cultura immateriale costituisce un patrimonio inestimabile al punto che l’Unesco ha elaborato una “Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale”.

Le innovazioni tecnologiche nel settore del digitale consentono una rilettura della questione della fruizione del patrimonio culturale ed aprono nuovi orizzonti. Nell’ambito della ricerca di nuove strategie di comunicazione, il digitale deve offrire e offre strumenti innovativi per arrivare al pubblico e sperimentare forme alternative di diffusione del patrimonio. Da sempre l’uomo ha utilizzato l’arte del raccontare storie (o disegnarle con immagini) per preservare dall’oblio la propria cultura e rafforzare l’identità culturale. Con questi stessi obiettivi oggi la tradizione dello “storytelling” viene integrata con le moderne tecnologie digitali, generando nuove prospettive e significati, offrendo la possibilità di sperimentare nuove strategie di diffusione/fruizione del patrimonio, concedendo “un nuovo spazio per esternare e confrontare con altri i pensieri, i ricordi e le emozioni, in modo tale da comprenderli e normalizzarli, combattere le convinzioni erronee e favorire il recupero dell’appartenenza ad una comunità, di una identità”.

Scegliendo la città di Sora come caso studio di partenza, il progetto ha come obiettivo quello di riscoprire e tramandare l’identità di città colpite dal terremoto. L’idea nasce dall’esigenza di creare nuove forme di relazione all’interno del territorio, una maggiore consapevolezza della propria identità, delle proprie origini, in modo da permettere l’elaborazione di documenti di indirizzo strategico sulla programmazione di un territorio, in grado di ricucire profondi strappi economici, urbani e sociali.

Citando Irene Bellodì “Le conseguenze apprezzabili visivamente dopo un terremoto sono solitamente la distruzione di edifici storici, memoria di una popolazione, e crepe e incrinature all’interno delle abitazioni, memoria bibliografica di persone, famiglie e di storie. Esattamente nello stesso modo, un terremoto causa la distruzione e lo sgretolamento di pezzetti di memoria collettiva e crepe e incrinature all’interno del sé delle persone.” Distruzione e ricostruzione diventano due elementi complementari: così come i fabbricati si mettono in sicurezza o vengono riedificati, allo stesso modo le memorie vanno “rispolverate” e riempite di nuove. E come le crepe, anche le nostre fratture vengono ricucite.

Il progetto punta a:

Inoltre, il progetto si propone di: