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SPORT

26 giugno 1994: trent’anni fa il Sora Calcio conquistava la Serie C1

Un giorno indimenticabile per tutti i tifosi bianconeri.

Redazione Sora24
Redazione

Oggi la quarta categoria del calcio italiano è la Serie D. Trent’anni fa, invece, esisteva la Serie C2, vincendo la quale si saliva al terzo livello nazionale: la Serie C1. Il “Grande Sora” di mister Claudio Di Pucchio, di Pasquale Luiso e compagni, di Antonio Fiorini, del Cav. Pasquale Annunziata, di Antonio Frasca e di tanti altri dirigenti e componenti, competenti e appassionati, vi arrivò al termine di una scalata epica: dalla Prima Categoria alla Promozione Laziale, dall’Interregionale per l’appunto alla C2, dalla C2 alla C1. Il tutto in appena sette stagioni.

La storica partita giocata esattamente trent’anni fa, il 26 giugno 1994 tra i bianconeri e la Turris, allo stadio “Renato Curi” di Perugia e vinta dal Sora ai calci di rigore, è ancora oggi uno dei ricordi sportivi più dolci per i tifosi locali.

Quella guidata dal “Maestro” non era solo una squadra di calcio, bensì qualcosa di più alto: era un’opportunità di riscatto per un territorio tagliato fuori dalle principali rotte nazionali nonostante la sua storia più che dignitosa. Ma come: la rivincita per la centralità perduta di Sora, sede dell’omonima diocesi da 1.700 anni, principale centro per quattro secoli dell’omonimo ducato corrispondente a metà dell’attuale provincia di Frosinone, capoluogo per 150 anni dell’omonima sottoprefettura in Terra di Lavoro, in una semplice partita di pallone?

Certo che no. Il calcio doveva essere solo un punto di ripartenza, una scossa, il primo tassello del domino. E, per undici anni, sostanzialmente lo è stato, o meglio ha fatto la sua parte. Del resto, essendo lo sport più seguito in Italia e in molte altre nazioni, non poteva non dare popolarità a Sora. Questo fu il significato più ampio dell’impresa sportiva di Perugia. Peraltro, tre mesi prima della partita, esattamente il 27 marzo 1994, giorno delle elezioni politiche, Sora stessa riuscì a conquistare un seggio nella Camera dei Deputati, esattamente undici anni dopo la perdita di quello al Senato, causa fine mandato.

Dunque, fu proprio un anno giubilare il 1994. Ma attenzione, perché qui non lo si rievoca con il tipico e inconsistente spirito nostalgico della serie: “Eh, mi ricordo una volta… “, “Eh, una volta era Sora…” e tante altre frasi fatte che non portano a nulla. Al contrario, lo si ricorda sempre e solo con intenti propositivi, perché se nella terza serie calcistica nazionale ci siamo già stati e uno scranno nelle massime assembleee della Repubblica Italiana lo abbiamo già avuto per diverse legislature, vuol dire che possiamo riavere entrambe le cose.

Questo è il senso del ricordo di oggi. Non c’è spazio per la malinconia, ma solo per gli obiettivi. Non importa chi li raggiunge: conta solo raggiungerli. L’asticella non va mai abbassata, soprattutto ora che la popolazione cittadfina diminuisce progressivamente (presto saremo al di sotto dei 24 mila abitanti). Bisogna credere, fortemente credere, indipendentemente dal tempo necessario per arrivare a dama e da ciò che riserva la vita. Sora del resto lo sa bene: è stata più volte annientata dai terremoti, ma si è sempre rialzata. Darle lustro nello sport, in politica, in qualunque attività sociale, industriale, commerciale, professionale, è come porgerle un fiore.

Tornando alla partita di cui oggi ricorre il trentennale e di cui oramai tutti sanno tutto: 26 Giugno 1994, stadio “Renato Curi” di Perugia, incontro Sora-Turris, spareggio per la promozione in Serie C1. 0-0 dopo i primi 90 minuti, 0-0 dopo i supplementari ma con un tiro di Coraggio che, fosse entrato, Coraggio stesso sarebbe stato eretto vivo al posto di Salleccone per l’eternità. 3-2 dopo i calci di rigore, ultimo penalty trasformato da Pasquale Luiso. Qualche migliaio i tifosi al seguito, arrivati con circa venticinque pullmann e tantissime auto private. Scene di gioia e commozione che ancora fanno sussultare il cuore, su tutte quella di “Longo Longo” che piange da solo seduto per terra in curva con il capo chinato. Tutto magnificamente indimenticabile. Una fortuna esserci stati, un peccato per chi non ha fatto in tempo, non ha potuto o è nato dopo quel magico giorno.

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