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EVENTI E CULTURA

“Le Donne e la Grande Guerra”

Rievocazione del 1° Conflitto Mondiale a cura di Rodolfo Damiani, terza puntata.

Redazione Sora24
Redazione

Più che nel passato , nel conflitto definito “l’inutile strage”, altissimo fu il prezzo pagato dalle donne. Il dramma bellico di lunga durata ha generalmente generato nelle donne un trauma, difficile da riassorbirsi, dovuto a lutti,sofferenza, ansia materna e alla frattura dello stato famigliare e sociale,inteso come definizione dei ruoli e degli affetti. Certo tale esame non deve prescindere dalle specificità regionali e dalle diversità sociali.Diversa era la condizione delle donne del proletariato, tormentate dalle ristrettezze economiche , dalla scarsità di cibo, e gravate dei compiti in passato esclusivi degli uomini, altro erano le giovani e nubili che vedevano nel lavoro l’occasione di evasione dal tran tran domestico e dal controllo paterno, per le donne del ceto medio risultò gratificante la loro azione di intervento sociale a favore dei soldati e delle famiglie diseredate.

Senza troppo sottilizzare in indagini sociologiche, l’imperativo del momento era soddisfare l’enorme dispendio di energie per adeguare lo sforzo bellico e si poteva attingere solo dalle donne, che videro attraverso ciò anche riconosciute peculiarità fino ad allora negate. Ma a che prezzo ottennero la attenuazione di forme di sudditanza famigliare e avere un inedito anelito di libertà. Alla fine della giornata gravosa da portalettere, da ferroviere, da crocerossina, da metalmeccanico, da contadino, la solitudine delle responsabilità era il coronamento di una giornata di fatica e il momento di cercare di capire gli inganni del futuro.

Con preoccupazione e consce della mancanza di prospettive immediate, le donne, già mal pagate, videro i prezzi salire costantemente a fronte di salari, praticamente fermi al 1915, e orari di lavoro dilatati ai livelli della nascita del taylorismo.Introvabili i beni cosiddetti a prezzo calmierato e per mettere qualcosa in pentola tutta la famiglia non impegnata nel lavoro, andava a raccogliere erbe campestri commestibili oppure si ispezionavano i rifiuti di tavole più fortunate alla ricerca di bucce di legumi con cui fare una zuppa e illudersi di mangiare. A fronte di questa situazione, soprattutto nelle fabbriche, le donne aprirono vere e proprie vertenze, che raramente davano risultati soddisfacenti, anzi creavano momenti di repressione, ma furono episodi che dettero alle donne la misura delle loro capacità di lottare contro le discriminazioni.

Strettamente legato alle sofferenze delle famiglie contadine fu il fenomeno della “diserzione”. Infatti fino a Caporetto, i soldati, in gran parte contadini, non ebbero licenze a fronte di richieste di poter assentarsi per pochi giorni per andare ad aiutare la famiglia in deficit di braccia, come reazione i poveri braccianti in divisa si assentavano arbitrariamente e rischiavano al ritorno l’ignominia della fucilazione alla schiena. Con l’allontanamento di Cadorna i “disertori” che si ripresentavano in armi furono graziati e inviati per punizione ai battaglioni di disciplina o destinati alle squadre che aprivano varchi nei reticolati, con l’arrivo dei rimpiazzi del “99” molti veterani poterono fruire di brevi licenze e il fenomeno si ridusse drasticamente.

Marcate controtendenze tentarono di nascondere il nuovo vissuto della donna sul piano linguistico, sostituendo la parola operaia con l’appellativo che è anche vezzeggiativo di “munitionnettes” o di “canarini”, nel primo caso a nascondere l’attività di costruire oggetti letali, nel secondo caso in riferimento al colore della polvere pirica, gialla, che si depositava sugli abiti. La presenza di mano d’opera femminile fu inizialmente accolto con scetticismo, sul piano delle capacità femminili e con falso moralismo rispetto alla presenza della donna in ambienti riservati agli uomini. Si pensi che le donne così maltrattate erano approdate a tali mansioni senza loro responsabilità, obbligate dagli eventi e spinte dal bisogno.

In riferimento a questo perbenismo imperante l’iconografia femminile è limitata a rappresentare CROCEROSSINE e DAME VISITATRICI oppure esultanti con bandiere nazionali al vento nei manifesti di propaganda.Niente di più falso a fronte di circa 10.000 infermiere arruolate nella Croce Rossa e altrettante militanti in organizzazioni volontarie e un numero non quantificabile di donne della borghesia dedita a forme generiche di assistenza, dobbiamo registrare per la chiamata alle armi di 2.600.000 di addetti alla terra, la loro sostituzione con donne tratte dalle 6.200.000 di coloro che facevano parte della famiglia contadina, triplicando poi in percentuale il numero nei comparti amministrativi e in certi casi ad essere il 50% in industrie a carattere industriale, anche nell’immagine la donna è mistificata.

Fra i tanti episodi di coraggio vorrei ricordare alcune figure di donne che si distinsero durante il conflitto : la Principessa Elena D’Orleans Aosta, che impose il corpo della CRI, dando alle infermiere uno status e prerogative; l’insegnante giovanissima Ciappi , che per essere impegnata al fronte si travestì da soldato e raggiunse il Piave;Maria Plozner Mentil una delle portatrici carniche, uccisa da un cecchino, lasciando orfani ed in miseria i suoi 4 figli; Margherita Kaiser Parodi Orlando, crocerossina, decorata, unica donna sepolta a Redipuglia.

Ma nelle guerre purtroppo accadono cose inenarrabili, che poi si tenta di cancellare dalla memoria, ancora una volta le donne ne pagarono il prezzo più alto. Negli undici mesi dopo Caporetto, le terre occupate dagli austro-tedeschi furono razziate e spogliate in tutti i modi, ma altissimo fu il numero delle violenze carnali subite dalle donne. Il dramma è che molte di loro concepirono dei bambini che nacquero alla fine del 1918 e in molte famiglie ci furono scontri feroci, i maschi della famiglia non volevano tedeschi in casa, per ovvi motivi morali, gli orfanotrofi non accoglievano i bambini perché avevano la mamma vivente. La situazione si chiarì quando a Portogruaro fu aperto un orfanotrofio, il San Filippo Neri, che aprì loro le porte e permise alle mamme di visitare i figli, anche per allattarli. Finita la guerra si cercò di riportare la donna alla situazione precedente, ma tutto era cambiato, dall’esteriore, abiti, capelli, linguaggio ad avere una diversa coscienza di se e delle proprie capacità, il seme era caduto nella terra buona e se ne vedranno presto i frutti.

Per tornare alla guerra guerreggiata nell’aprile del 1918, Diaz completa lo schieramento che dalle Alpi al Piave blocca gli austriaci .Per difendere Venezia , ormai divenuta prima linea per le offese dal mare, vengono ancorati in laguna alcuni pontoni armati di artiglieria a lunga gittata e di calibro 381. A terra la Marina costituisce un battaglione di “ Fanti da mar”, secondo la tradizione veneta che diverranno i Lagunari del Battaglione S.Marco. In appoggio alle truppe itsliane si schierano alcuni battaglioni francesi, inglesi e soprattutto inizia l’afflusso dei rifornimenti americani. Sul piano internazionale dal 9 al 29 aprile i tedeschi sferrano la seconda offensiva delle Fiandre, ma gli alleati tengono. Il 28 di aprile il Guatemala dichiara guerra agli imperi centrali.

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