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POLITICA

Sora: 1.200 bambini e ragazzi in meno dal 2002. Gli impietosi numeri da cui non si scappa

Significativo anche lo spostamento della fascia di età comprendente il maggior numero di residenti.

Lorenzo Mascolo
Lorenzo Mascolo

Quello di Sora è un lento procedere verso i ventimila abitanti. Dal 2002 a oggi, stando all’attuale ripartizione anagrafica della popolazione elaborata dall’ISTAT, abbiamo perso qualcosa come 1.200 (milleduecento!) residenti di età compresa tra 0 e 19 anni, vale a dire la fascia di popolazione in assoluto più importante per il futuro della città. Il trend non è veloce perché quasi non ci si accorge della desertificazione infantile e adolescenziale cittadina in corso, ma è comunque costante e all’orizzonte non s’intravede un’attenuazione del fenomeno.

Non solo: diciotto anni fa la fascia di popolazione con più residenti era quella di età compresa tra 30 e 40 anni, con oltre 4 mila individui. Oggi tale fascia è diventata quella di età compresa tra 50 e 60 anni. È pertanto ragionevole pensare che nel 2040 potremmo ritrovarci con meno di 20 mila anime e centinaia di abitazioni vuote, molte più di quante ve ne siano già oggi. Inutile sottolineare i danni che subirebbe ad esempio il mercato immobiliare, per non parlare della diminuzione dei servizi cominciando dalle scuole e proseguendo con tutte quelle attività che si rivolgono alle famiglie con figli neonati o in età scolare (negozi, scuole di lingue, centri sportivi, ecc.).

Il confronto con molte realtà della stessa grandezza di Sora situate in altre zone d’Italia è spesso impietoso, perché altrove bambini e ragazzi non solo ci sono ma aumentano progressivamente, nonostante il diffuso calo demografico che si registra da anni in Italia. Ma il nostro problema è qui e di certo non lo risolviamo ammirando i bei numeri di altri centri.

Riuscire a venirne fuori è molto difficile. Le strade sono come sempre due e completamente diverse l’una dall’altra: la prima è comoda, scorrevole e consiste banalmente nel cedere all’accidia accettando questa lenta agonia, scaricando ogni responsabilità sugli altri (“Il problema di Sora sono i Sorani… (cit.))” e cercando di andare avanti finché sarà possibile, per poi emigrare e ricominciare altrove.

La seconda strada è invece proibitiva visti i tempi che corrono, e consiste nel fare una repentina “inversione a u”, rimboccarsi le maniche, afferrare saldamente il volante e ripartire a tutto gas in senso opposto, ma non prima di aver gettato via dal finestrino tutti quei sentimenti negativi che sovente hanno incancrenito buoni propositi e rapporti personali, arrecando alla comunità gravi danni i cui risultati sono numericamente macroscopici. La prima strada è per tutti, la seconda oggettivamente no.

Lorenzo Mascolo

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